di Mario Musumeci
I sessant’anni non sono i miei, ma quelli di una carissima amica, alla quale ho voluto dedicare una poesia in vernacolo, scritta da me in fretta e in furia poco prima di recarci con mia moglie al luogo della festicciola di compleanno (ho solo rivisto alcune cosette prima di decidere di pubblicarla qui).
Sono un poeta dilettante – anche se precoce, avendo cominciato ad amare la poesia, e in parte ad emularla, fin dalla preadolescenza … – ma per la prima volta mi sono cimentato nel mio dialetto di appartenenza. Dialetto che conosco poco e che tardi ho cominciato ad apprezzare (da ragazzo ci era proibito di parlarlo in casa e peraltro non ne avevo grandi motivazioni a farlo … per cui mi sono specializzato semmai nella lingua … patria).
Mi è riuscito però stranamente naturalissima questa prova, credo per i miei oramai pregressi motivi di apprezzamento. Legati per un verso alla piacevole lettura dei romanzi di Andrea Camilleri scritti in una sorta di vernacolo abbastanza italianizzato, però molto drammaturgico (difatti amo leggere, anzi recitare, ad alta voce i testi in questione …). E per altro verso per l’amore “sviscerato” che provo, da una vita, per il teatro dialettale di attori locali – ma d’eccezione – tra i quali per me ha sempre primeggiato per vis comica il grande Tuccio Musumeci [non è un parente, purtroppo … ma gli auguro una lunghissima vita].
E ancora per la scoperta incessante delle tante tradizioni poetico-musicali ancora vive nella mia terra: dai canti dei vanniaturi della Pasqua di Montedoro o di Cerami o della Piana di Catania alle canzoni dialettali più e meno note nell’isola, alle rivisitazioni più nobili del folk siciliano nel teatro di Tony Cucchiara e di tanti altri bravi attori e drammaturghi.
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Questa poesia va recitata ad alta voce, immedesimandosi nel tono espressivo suggerito a lato. Che può diventare un ulteriore prezioso spunto per la sua recitazione collettiva.
Per un musicista, inoltre, non dovrebbe neppure essere difficile musicarla, al modo prevalente di una ballata: sono tutte ottave in rima … Se mi dovesse capitare (avendone il tempo) ne pubblicherò il risultato qui stesso.
Buon divertimento!
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a Gabriella G.
Sissant’anni
Inno (scherzoso) all’età che avanza
[Drammaturgia collettiva]
Sissant’anni sunu tanti [“celebrante”: in tono perentorio, da paternale]
Si ti fannu mali i cianchi.
Ma s’inveci tu stai beni
Forsi forsi ti cummeni
Di ittari a mari tuttu
Chiddu ca t’appari bruttu.
Sissant’anni su’ na scossa [“coro di beghine”: al modo di una litania]
Si ti fannu mali l’ossa.
Sissant’anni pinitenti
Si ti fannu mal’i renti.
Sissant’anni su’ iattura
Si ti pigghia la malura.
Sissant’anni sunu pocu [“celebrante”: in tono suadente]
S’accumencia ora u jocu
Di ittari arrer’i spaddi
Cardacii e rutturi ‘i baddi.*
Ora u tempu t’ha sirviri
Pp’abballari e addivirtiri.
Chista è propriu la ricetta [“coro angelico”: in tono epifanico e gioioso]
Pp’invicchiari senza fretta,
P’arrivari alla cintina
Frisca, duci e alliccatina.
by Mario Musumeci
Catania, 2/3 febbraio 2014
In caso di … mancato visto della censura:
* Cardacii e dulur’ai caddi.
Ca poi lu dialettu te lu pugghisi meridionali puru te la sicilia vene. Complimenti per il bacio delle rime.